Titolo: "Il fattore D. Perché il lavoro delle donne farà crescere l’Italia"
Editore: Strade Blu – Mondadori
Una bella sorpresa tra le letture di quest’estate! C’è chi – come il professore Maurizio Ferrera (ordinario di Teoria e politiche dello stato sociale alla Statale di Milano e vice-direttore del Centro Studi e Ricerche di Politica Comparata alla Bocconi) – si è assunto l’oneroso compito di analizzare, numeri alla mano, la realtà del lavoro femminile nel nostro paese con un’ottica nuova, cioè in termini di potenzialità economiche inespresse.
Un testo che introduce in modo serio ed utile anche nella Penisola il dibattito internazionale sulla “womenomics” (letteralmente il valore economico delle donne, termine ufficialmente consacrato dall’Economist l’anno scorso ma introdotto già nel lontano ’95 dall’analista giapponese Kathy Matsui , storia che merita un post-it a sé).
Nel nostro paese – si legge nel libro – ci sono troppe donne a casa. L’Italia, senza rendersene conto, sta rinunciando a quello che recentemente si è rivelato essere il vero motore dell’economia mondiale. Nell’ultimo decennio l’incremento dell’occupazione femminile negli altri paesi sviluppati ha contribuito alla crescita globale più dell’intera economia cinese.Il fattore D, il lavoro delle donne, è un fattore decisivo di crescita perché – spiega il professor Ferrera – garantisce più ricchezza alle famiglie. Ma non solo: quante più donne lavorano, tanti più nuclei famigliari si rivolgeranno al mercato per cercare soluzioni a quei problemi e a quei bisogni di cui oggi si occupano le madri e le mogli che stanno a casa, dando così un forte impulso alla sviluppo di una moderna economia dei servizi. Il che significa nuovi posti di lavoro e una nuova ricchezza diffusa. E significa pure meno culle vuote e meno bambini poveri. Si tratta di tre fenomeni apparentemente indipendenti, ma in realtà non è affatto così. Perché, al contrario di quanto siamo abituati a pensare, una donna che lavora non per questo fa meno figli. Lo dicono i dati demografici: l’Italia, in cui lavora solo il 46 per cento della popolazione femminile, conosce uno dei tassi di natalità più bassi del mondo. Mentre nel resto dell’Occidente sta succedendo quanto è apparentemente meno probabile: le donne che hanno un impiego, e che sono aiutate a conciliare impegno professionale e vita domestica, sono quelle che mettono al mondo più figli e che sono in grado di garantire loro buona educazione, tranquillità economica e un avvenire più sicuro.