In un copioso documento (Eurobarometro Flash EB 247, qui allegato) appena pubblicato emergono le frustrazioni delle famiglie europee – la metà circa ritiene insufficienti le misure di supporto pubblico ai nuclei famigliari con figli, con il minor tasso di gradimento in Italia e Grecia – e i loro desiderata, che indicano in maniera unisona tre punti-chiave per migliorare la situazione: politiche mirate, migliori infrastrutture (asili nido e scuole) e un trattamento fiscale ad hoc.
Analizzando i dati a livello nazionale, l’Italia è terza dopo Grecia e Spagna tra i paesi dove la conciliazione dei tempi è definita “molto difficile”(il 15% del campione) e c’è una netta divisione tra Paesi del Sud Europa – dove la situazione è più problematica – e quelli del Nord, dove solo un quinti degli intervistati ha riscontrato degli ostacoli nel combinare lavoro e famiglia. Tra le maggiori difficoltà della vita quotidiana di una famiglia il costo per il menage (39%), le spese per i figli (32%) e la conciliazione dei tempi (25%).
Passando alla valutazione degli strumenti in sostegno alla famiglia, l’Italia è seconda solo alla Grecia per il “basso gradimento” – un terzo del campione non è soddisfatto – delle politiche sociali per le coppie con figli. Tutti indicano tre punti – più asili e con tempi più flessibili, trattamento fiscale più leggero in proporzione dei figli a carico e veri e propri sussidi in base al numero dei pargoli – come le misure prioritarie. Quanto poi all’organizzazione interna e alla divisione dei compiti, la metà degli italiani (del campione intervistato) ritiene che il meglio sia avere un genitore a tempo pieno e uno part-time (49%): siamo i maggiori sostenitori, insieme alla Germania e alla Spagna (41%) della flessibilità sul lavoro in questo senso. E se in Finlandia (33%) e Francia (24%) l’ipotesi di lavorare entrambi a tempo pieno anche se a casa ci sono minori che ci aspettano sembra più che plausibile (forse grazie alle strutture e politiche esistenti) , la media europea (22%) si allea all’evidenza: meno di un cittadino Ue su quattro crede che sia possibile farlo
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