Se si cerca “mothers’ penality” in internet si trova un’amplia letteratura, che si riferisce alla penalizzazione salariale e professionale delle mamme per il fatto di aver voluto un figlio e di non avere più come unica proprietà il lavoro. Se si cerca invece “penalità mamma” o “penalizzazione maternità” non si trova quasi niente sul tema, se non qualche coraggiosa denuncia. Come se il fenomeno non esistesse e non fosse un problema da affrontare. Partiamo quindi dal mondo anglofono e traiamone qualche spunto. Uno dei testi più recenti è quello di Therese S. Leung (dottorato ad Harvard in Sociologia) : “The Persistent Penalty: Mothers, Children, and Wages”. In questo documento (vedi allegato in fondo al post) la ricercatrice non analizza solo il differenziale di stipendio tra una donna senza figli e una mamma – la così detta “motherhood wage penalty” – ma anche gli effetti economici della maternità sul lungo periodo, rivelando – questa la cattiva notizia – che anche con il passare del tempo e quindi con la progressiva autonomia del figlio questo differenziale non diminuisce significativamente. Ma, ancora peggio, è direttamente proporzionale al grado di istruzione e colpisce quindi maggiormente le mamme laureate rispetto a quelle diplomate, per esempio. Un documento da leggere e sul quale riflettere.
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