Creare un codice "patti chiari" dedicato al rapporto tra donne e istituti bancari. E' una delle provocazioni emerse durante il convegno organizzato dall'associazione Corrente Rosa (vedi post del 16 aprile per i dettagli ) venerdì scorso. Dove si sono snocciolati "i numeri delle donne", cioè il loro potenziale potere economico ma anche l'obiettiva discriminazione ancora presente nei confronti delle donne nel mondo del lavoro. E a questo proposito è stato citato un interessante articolo passato un po' inosservato sia per la data della pubblicazione (agosto scorso) sia perché era in fondo pagina. Il cui contenuto però è di estrema attualità. Un imprenditore su quattro è donna (il 25% dell'universo di piccoli imprenditori) ma per accedere al credito – quello più diffuso è il fido bancario in conto corrente – le microimprese guidate da una donna (comprese le lavoratrici autonome) pagano un tasso di interesse più elevato – circa lo 0,3% in più – rispetto a quelle gestite da uomini. Questo è il risultato di uno studio condotto insieme a Francesca Lotti e Paolo Emilio Mistrulli ("Do women pay more for credit? Evidence from Italy", Nber working paper, luglio 2008) in cui il professor Alberto Alesina ha analizzato dati su oltre un milione di fidi bancari in conto corrente e circa 150mila microimprese da gennaio 2004 a dicembre 2006.
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