In Germania per far fronte al crescente fenomeno dell’abbandono professionale dopo la nascita di un figlio – il 70% delle donne ha, fino ad un recente passato, interrotto in maniera provvisoria il lavoro e solo una su due (56%) continua la sua vita lavorativa dopo aver avuto il secondogenito – è stato varato un programma ad hoc chiamato “Perspektive Wiedereinstieg Action Programme”. Non che i tassi di occupazione delle mamme siano drammatici, come si puo' vedere dalla tabella (in Italia sono molto più bassi, per esempio) ma tant'è hanno deciso di prendere sul serio il problema. Tre i punti principali per “riportare le mamme al lavoro”, come recita il sottotitolo: uno sforzo per cambiare gli stereotipi di genere (marito che guadagna la pagnotta, moglie a casa a curare il menage, ndr) ; un maggior coinvolgimento dei papà nella cura dei figli e ultimo, ma non meno importante, una sensibilizzazione del tessuto economico e imprenditoriale riguardo ai talenti femminili. Pura teoria? No certo, dalle parole sono passati ai fatti. Innanzitutto sono stati selezionati dieci programmi a livello federale per aiutare le mamme a reinserirsi nel mondo del lavoro, ma questi traning sono rivolti anche ai padri, per spiegarli e coinvolgerli nella nuova redistribuzione dei compiti e degli incarichi quando anche la donna lavora. Secondo, c’è un sito che è un laboratorio aperto alle testimonianze, le esperienze e le proposte per coinvolgere tutta la società civile. Terzo, una serie di “giornate” a livello molto capillare (Local Social Capital o Los) dedicate alle mamme che lavorano, finalizzate a individuare problemi riscontrati a livello locale e formulare possibili soluzioni con le amministrazioni competenti (per capirci qualcosa di molto lontano dall’8 marzo) . E infine, ma cruciale, un impegno dell’amministrazione federale a contattare, coinvolgere e incontrare le imprese per sottolineare il valore del lavoro femminile e l’importanza anche economica di non escluderle dal mercato.
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