Un rapporto ancora poco equilibrato quello tra uomini e donne, nel nostro Paese, non solo al lavoro ma anche tra le mura domestiche. L'ennesima e più aggiornata conferma arriva dal rapporto "Society at a Glance" diffuso ieri dall'Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico). Il tasso di occupazione femminile è al palo, sotto il 50% (a fronte del 60% della media Ocse) contro il 70,7% maschile, anche se non siamo meno indaffarate di loro, anzi. Solo che siamo impegnate in compiti di cura – figli e casa – che non sono retribuiti, spesso per supplire a carenze altrui. Un dato: in Italia solo un bambino su 10 sotto i tre anni e' in un asilo nido contro uno su 5 della media Ocse e nel nostro Paese l'investimento per gli asili nido – determinanti quando una donna vuole riprendere il lavoro, senza che la maternità diventi un'interruzione definitiva – è inferiore allo 0,2% del prodotto interno netto (contro uno 0,9% della Finlandia e uno 0,8% della Danimarca, e comunque la metà dello 0,4% francese).
Un altro dato: gli uomini in Italia hanno un' ora abbondante (80 minuti) di svago in più al giorno rispetto delle donne – calcola l'Organizzazione che produce regolarmente ricerche e dati sui principali Paesi industrializzati – ovvero il Paese più "maschilista" insieme al Messico, mentre le donne quando non sono in ufficio corrono dietro ai figli o a pulire per casa. Qualcuno mi ha chiesto, nei giorni scorsi, se non ero stufa di snocciolare dati di questo tipo e se non ero un tantino masochista. No, a entrambe le domande. Credo che per provare a cambiare qualcosa prima deve essere chiaro a tutti – non solo agli uomini, ma anche a tante donne che ancora si illudono esista una sostanziale parità di chance – che un problema di genere esiste, i numeri lo misurano e le statistiche permettono di confrontarne l'ampiezza in diversi Paesi. Da qui, dall'ammissione del problema si gettano le basi per una soluzione.
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