La gran parte delle “inattive” lo è per propria scelta (60,1 milioni di donne pari al 60,7% di quei 112,3 milioni di inattivi per scelta), ma un’altra parte lo è perché non trova tempi e modalità lavorative consone alle proprie esigenze (8,9 milioni di donne, pari al 63% di quei 14,2 milioni di inattivi che lavorerebbero ma non lo cercano attivamente). Tra le occupate, solo una minoranza sono imprenditrici e libere professioniste (12,4 milioni) mentre la maggioranza sono dipendenti (86,8 milioni). Tra queste ultime, 26,9 milioni hanno un part-time (pari all’80% circa del totale dei dipendenti con un lavoro a tempo ridotto) , cioè meno di una su due tra quelle che stanno in ufficio in Europa ha o riesce a negoziare orari di lavoro flessibili. C’è anche da dire che il part-time solo in parte è un escamotage per evitare l’assunzione perché la grande maggioranza (79%) dei part-time è un lavoro a tempo indeterminato. Che le donne entrino a fatica nel mercato del lavoro, e che anche quando lavorano spesso il tempo pieno stia stretto lo confermano anche i dati sulle dipendenti a tempo pieno: le donne sono solo il 39,6% dei lavoratori impiegati a tempo pieno, pari a 59,8 milioni. Analizzando i dati a livello nazionale, in Italia il tasso di occupazione è ancora molto lontano dal target di Lisbona (70%) ed è fermo al 58,7% e molto diverso per uomini (70,3%) e donne (47,2%).