Dalle pagine del Corriere di oggi (pagina 10), Umberto Veronesi auspica la nascita di un nuovo movimento femminista, più completo e più moderato che “tenga conto dei punti di forza e di debolezza della figura della donna oggi”. Un invito interessante a tenere vivo il dibattito sulla “questione femminile” perché le donne possono contribuire – ne è convinto l’oncologo che ha rivoluzionato il modo di affrontare questo terribile male, restituendo dignità e speranza a molte donne – in modo straordinario allo sviluppo e al benessere della nostra società. Ma per poterlo fare devono prima affrontare alcuni snodi cruciali: la conciliazione dei tempi, un mondo del lavoro ancora “di stampo” prettamente maschile - nei modi e nei tempi in cui è organizzato – e una vera cultura “paritaria” ancora acerba. Di qui la necessità di affrontare questi problemi, di discuterne e di confrontarsi per cercare di superarli. Io credo che nel suo piccolo – e con gli strumenti del XXI secolo – questo movimento già esista. Non è nelle piazze ma è online; non è strillato con manifestazioni ma scritto di notte, dopo aver finito di lavorare ed aver messo a letto i bambini; forse non ha più l’entusiasmo e l’utopia di cambiare la cose, ma d’altro canto è più concreto, ironico; non è strutturato, organizzato ma forse proprio per questo è più capillare, spontaneo ed eterogeneo.
Questo “movimento”, questa crescente coscienza del nuovo e molteplice ruolo della donna li abbiamo potuti vedere dal vivo per esempio durante il MumCamp organizzato qui al Sole (vedi post del 21 maggio ). O nella numerosa platea che si raduna ogni volta che c’è un convegno – e ce se sono sempre di più – sulle pari opportunità e sull’occupazione femminile. Ma il richiamo di Vernonesi è giusto, perché se le donne da un lato sanno sempre meglio cosa vogliono, dall’altro la politica e le istituzioni ancora le ignorano. O meglio: parlano della “questione femminile” ma usando termini e proponendo iniziative che sono lontane dalle reali necessità o dai desiderata delle dirette interessate. E allora spetta a noi trovare il modo di farci sentire, e capire.