E' stata un meeting sotto tono quello tra i potenti della terra a Davos quest'anno, tra crisi geopolitiche e congiuntura economica ancora instabile. Ma ancora di più è passato inosservato un progetto invece interessante a mio giudizio: "the genere equality project" . Qualcuno penserà all'ennesimo "bollino rosa", certificazione costosa e inutile, se non a fini di marketing. Ma c'è in questa proposta qualche elemento di novità: intanto è una proposta internazionale e quindi potrebbe contribuire a definire degli standard comuni; e poi ha l'ambizione di misurare anche da un punto di vista economico i vantaggi legati ad una maggiore inclusione femminile, monitorando il clima aziendale e le performance dell'impresa e dei singoli dipendenti. Questo il sito
"La metodologia fornisce alle organizzazioni multinazionali una tabella di marcia per registrare i loro progressi nello sforzo di accelerare il ritmo di cambiamento verso la parità di genere. Si tratta di uno strumento efficace di valutazione che non solo permetterà alle imprese di mantenersi responsabili, ma anche di trasformare il talento, la creatività e la reputazione di valore derivante dalla parità di genere in un successo aziendale” ha affermato un’altra co-fondatrice, Aniela Unguresan. Per testare questo metodo, alla fase pilota hanno collaborato con Gender equality project aziende multinazionali di spicco, quali Coca-Cola, L’Oréal, Pfizer, Ogilvy & Mather, la canadese BC Hydro e Alcatel-Lucent. E per dare un esempio concreto, il World Economic Forum di Davos ha obbligato tutte le aziende partner che partecipano al meeting di Davos a inviare almeno una donna ogni cinque delegati. Certo questo è l'unico dettaglio che la stampa ha riportato di tutto il progetto. Riducendo ancora una volta il dibatitto alle quote rosa, senza contribuire ad approfondire il tema in termini di convenienza anche economica.