Questa in estrema sintesi il messaggio ricevuto ad un mio post da Andrea, che si è molto arrabbiato nel sentire rilanciare la paternità obbligatoria così come le quote rosa "questo è un approccio da stato invasivo – scrive – Sono io che decido le modalità più proficue per cui svolgere il mio ruolo paterno. Non è né lo stato,né l'azienda,né l'unione europea più in generale alcuna entità esterna a dover mettere becco nelle mie scelte private ed insindacabili". E partendo da qui ragiona anche sullo svilimento della figura della casalinga e di quelle donne che scelgono di non lavorare: "non è una scelta che scade come il latte per cui non c'è nulla di anacronistico o sconfortante nel vedere dove che preferiscono assicurare maggiore serenità familiare piuttosto che vedersi meno ed aumentare la probabilità di separazioni/divorzi o logorare il rapporto con i figli".
Ho trovato il commento interessante, perché chi tra le mamme che lavorano – ammettiamolo – non ha mai pensato almeno una volta "chi me lo fa fare?" . E chi tra le mamme che hanno deciso di dedicarsi per un periodo alla cura della propria famiglia non guarda con un misto di invidia e commiserazione quelle che corrono sempre dall'ufficio al lavoro, da scuola alla palestra? Se il fatto di rimanere a casa fosse una libera scelta, se il fatto di prendersi un periodo di "stacco" dal lavoro per seguire la famiglia non fosse di fatto una condanna di uscita senza ritorno dal mercato del lavoro (perché questo succede alle mamme qualificate che "mollano" con la speranza/illusione di poter poi tornare a lavorare) io sarei la prima a esserne felice e forse a dedicarmi ad altro e non a questo blog.
Ma purtroppo in Italia ancora non è così, ci sappiamo arrangiare, facciamo di necessità virtù e quindi alla fine il "ripiego" – mi passi il termine che non vuole essere svilente – sull'attività domestico/famigliare non retribuita è una scelta di risulta. E questo non perché siamo più arroganti o egoiste delle nostre nonne, ma perché in media il grado di istruzione si è elevato molto, siamo più scolarizzate ci laureiamo prima e meglio e maturiamo quindi più che legittime aspettative dal mercato del lavoro. Che ancora non sa fare i conti con questi cambiamenti e ancora ha un modello di organizzazione taylorista-presenzialista basato sul maschio bread-winner, unico procacciatore di reddito in famiglia che quindi lavora 10 ore al giorno.
Io sono per la flessibilità, per il doppio si al lavoro e alla famiglia, non sono per "parcheggiare" nonni e bambini con tate e scimmiottare l'attuale modo di lavorare, ma per inventarne un altro che sia a nostra misura e che – con qualche equilibrismo forse – ci faccia essere delle brave madri appagate anche da un punto di vista professionale.
Che ne pensate?