Ecco gli atti del convegno del Cnel sull'occupazione femminile . Linda Laura Sabbadini, Capo Dipartimento per le statistiche sociali ed ambientali dell'Istat, illustra come le poche e lente conquiste delle donne nel mondo del lavoro, associate all'incremento dell'aspettativa di vita e alla precarietà del lavoro giovanile, ironicamente le si ritorcano contro. Perché pur lavorando, hanno anche un genitore anziano da accudire, un figlio ancora in casa e dei nipotini bisognosi di attenzione.Insomma la vita delle donne si va complicando e il lavoro retribuito non fa che aggiungersi ad una mole di lavoro di cura sempre più pesante. Forse per questo l'esercito delle inattive si arricchisce sempre più. Nella relazione viene toccato anche questo problema, cioè di quante " non cercano lavoro attivamente ma sono disponibili a lavorare", un esercito di scoraggiate che in Italia – si legge – è quasi quattro volte più elevata che in Europa (16,6% contro una media del 4,45%). Sul perché di questa auto- esclusione si è concentrato anche l'analisi di Marco Centra dell'Isfol, che ha evidenziato due gruppi di inattive: da un lato le donne maggiormente istruite sarebbero disposte a lavorare, anche ad un salario inferiore a quello offerto dal mercato, ma non trovano le forme di lavoro flessibile che desidererebbero. Un secondo gruppo di donne inattive, caratterizzate da bassa scolarità, dichiarano un salario al quale sarebbero disposte a lavorare superiore a quello offerto sul mercato. E questo a causa dei costi legati all'"organizzare l'assenza" tra scuola e baby sitter. " Tale segmento di inattive – si legge nel rapporto Profilo e fattori determinanti dell'inattività femminile in Italia: i risultati di una indagine Isfol – che rappresenta la maggioranza, è più complesso da recuperare. Tra le priorità indicate dalle dirette interessate per favorire la partecipazione femminile al mercato del lavoro insistendo sui fattori legati ai servizi alle famiglie, ai tempi di lavoro flessibili e ad un riassetto degli squilibri nella divisione del lavoro familiare.
Nella relazione viene toccato anche il problema delle inattive, cioè di quante " non cercano lavoro attivamente ma sono disponibili a lavorare", un esercito di scoraggiate che in Italia – si legge – è quasi quattro volte più elevata che in Europa (16,6% contro una media del 4,45%). Sul perché di questa auto- esclusione si è concentrato anche l'analisi di Marco Centra dell'Isfol, che ha evidenziato due gruppi di inattive: da un lato le donne maggiormente istruite sarebbero disposte a lavorare, anche ad un salario inferiore a quello offerto dal mercato, ma non trovano le forme di lavoro flessibile che desidererebbero. Un secondo gruppo di donne inattive, caratterizzate da bassa scolarità, dichiarano un salario al quale sarebbero disposte a lavorare superiore a quello offerto sul mercato. E questo a causa dei costi legati all'"organizzare l'assenza" tra scuola e baby sitter. " Tale segmento di inattive – si legge nel rapporto Profilo e fattori determinanti dell'inattività femminile in Italia: i risultati di una indagine Isfol – che rappresenta la maggioranza, è più complesso da recuperare. Tra le priorità indicate dalle dirette interessate per favorire la partecipazione femminile al mercato del lavoro insistendo sui fattori legati ai servizi alle famiglie, ai tempi di lavoro flessibili e ad un riassetto degli squilibri nella divisione del lavoro familiare. C'è anche un'interessante relazione di Roberta Zizza della Banca d'Italia dal titolo "I divari di genere in Italia: le cause possibili" che anticipa alcuni risultati di un lavoro che sarà presentato il 7 marzo prossimo.
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