Oggi è la festa del papà. Una figura che si è progressivamente evoluta per passare dal modello del padre- padrone, il "maschio di casa" che provvede al benessere economico di tutto il nucleo famigliare – in inglese breadwinner – a quella di compagno che vuole condividere oneri ed onori dell'essere genitore. La festa del papà per me quest'ano è cominciata l'8 marzo, quando al Quirinale tutte le persone che hanno testimoniato la loro "ricetta" per la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro hanno indicato come ingrediente fondamentale un papà presente. E senza arrivare al caso americano dell'Evolution of Dad anche in Italia sempre più padri – specie se giovani – rivendicano il proprio ruolo attivo in famiglia. Non ancora in maniera così strutturata e così su larga scala da far aumentare quel misero 9% di uomini che prendono un periodo di congedo per seguire i figli – anche perché in alcuni contesti aziendali è ancora difficile fare "outing" e chiederlo significa esporsi a pubblico ludibrio – ma in maniera abbastanza significativa da parlare già del fenomeno dei "mammi". Assestamenti giusti e non sempre facile, come in ogni grande cambiamento. Perché allora non prenderne atto e fare una festa unica dei genitori, al posto di una dei papà e una delle mamme, in giugno? Non perché io sia per un'omologazione dei ruoli, anzi: credo che debbano essere ben chiari e in alcuni casi non intercambiabili, ma perché è un lavoro che viene meglio se è condiviso.
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