E' di ieri sera l'annuncio del Ministro per il Lavoro Elsa Fornero di introdurre un periodo di paternità obbligatoria, perché "la maternità non e' un fatto solo di donne". Ne sono convinti da tempo in Nestlè, dove i neo papà hanno a disposizione due settimane di congedo dedicato solo a loro, a sottolineare l'importanza che entrambi i genitori siano coinvolti attivamente in questa impegnativa e magnifica avventura che è la nascita di un figlio. Tanto che il gruppo si impegna ad integrare sino al 100% lo stipendio, rispetto ad un indennizzo del 30% previsto per il periodo facoltativo (l'unico di cui per legge possono, ma fino ad ora non sono obbligati, usufruire i padri).
Il gruppo Nestlé è impegnato da tempo e a tutto tondo a supportare il periodo della maternità attraverso una serie di progetti come la distribuzione del Maternity&Paternity Kit alle donne in attesa e ai futuri papà – per aiutarli a gestire al meglio il periodo di maternità all’interno dell’azienda – ma anche la creazione di asili nido aziendali e junior camp (3-14 anni) che consente di accogliere in azienda i figli duranti i lunghi 90 giorni di chiusura estiva delle scuole. E non si tratta di un impegno formale o solo statutario – Nestlé è stata la prima azienda a sottoscrivere volontariamente la Carta per le Pari Opportunità – perché questi strumenti riflettono un impegno di fondo a promuovere il work ife balance come strumento di efficienza e produttività. Pochi giorni fa, ad un evento di ValoreD il direttore risorse umane Fausto Palumbo mi spiegava come la cultura della flessibilità deve passare dalla cultura della performance e quindi sia necessario rendere il presenzialismo di per sè un disvalore. Quando sono rimasta a bocca aperta, mi ha detto "non è Nestlè che è avanti, è il mondo che è indietro". Non c'è bisogno di aggiungere altro!