Termine americano per indicare "il terrore del precedente". Ovvero il timore di un'azienda a concedere un piano di flessibilità sul lavoro alla persona che con coraggio (e tenacia) l'ha richiesto perché ci si aspetta una reazione a catena, un'aumento progressivo ed esponenziale di questo tipo di richieste. Timore comprensibile, ma irrazionale sotto due punti di vista. Uno gestionale: se le regole del gioco sono chiare, se si precisano cioè in maniera trasparente i criteri in base ai quali ogni domanda sarà valutata (analisi del ruolo ricoperto; condivisione di come flessibilizzare questo ruolo e in che misura) e la flessibilità concessa (ridefinizione contrattuale, eventuale "tetto" numerico o temporale) , allora il processo sarà gestibile. E dal brutto termine che denota oggi il rapporto tra l'azienda e la richiesta di flessibilità – "concessione discrezionale" - si potrà passare per esempio ad una più positiva "valutazione di merito". Dove i due interlocutori non sono più il padrone/manager che concede e il dipendente che giura eterna riconoscenza (leggi: lavorare in realtà il triplo ma a metà prezzo) ma due professionisti che fanno un patto, con termini e condizioni precise. Rivisitabili all'occorrenza. Vi segnalo in inglese un interessante articolo sul tema di Cali Yost, creatrice della società Work+Life Fit, Inc.
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