I titoli professionali "al femminile" al posto di favorire l'uguaglianza di genere e le pari opportunità sono percepiti come ridicoli, se non "pericolosi" e finiscono con il penalizzare le candidate donne. A questa conclusione è giunta un'interessante ricerca condotta congiuntamente dell'Università di Kiel in Germania e di Berna in Svizzera, che ha fatto analizzare da professionisti i curricula e le lettere di motivazione in una "doppia veste", prima in risposta ad un normale annuncio, poi ad uno con attenzione di genere che richiedeva quindi terminologia di genere. La reazione dei valutatori è stata più sfavorevole alle donne nel secondo caso, perché dietro c'è il timore – non detto – che si tratti di femministe, di persone pronte a recriminare diritti, distogliendo l'attenzione dalle loro qualifiche. I risultati nei due casi sono stati diversi anche in presenza delle stesse identiche credenziali e profili, a sfavore del secondo gruppo di candidate. Magdalena Formanowicz, dell'Università di Scienze Sociali a Varsavia, coordinatrice della ricerca ha conluso: "Emphasising femaleness with a feminine title may lower the evaluation of women in a professional context.". E voi cosa ne pensate? E' giusto battersi per termini come "assessora", "Direttrice generale"? Ecco la ricerca: Scarica Impact of gender-fair language
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