Ma se le nostre competenze sono riconosciute dai collaboratori tutti i giorni, è però l'azienda stessa che fatica ad accorgersene: il 69% denuncia per le donne maggiori difficoltà rispetto agli uomini nell'accedere a posizioni di comando e solo il 41% ritiene che nella propria azienda siano esortate ad ambire a posizioni di leadership. Nella media dei 32 paesi l'Italia si colloca per quest'ultimo dato solo al 29° posto, con un valore molto al di sotto della media, seguita solamente dalla Repubblica Ceca, dal Giappone e dall’Ungheria.
E le donne? Appaiono scoraggiate nella battaglia per l'emancipazione professionale, perché alle difficoltà storiche si sommano le insicurezze dettate dalla crisi economica. Solo il 54% delle lavoratrici intervistate ambisce ad una promozione che le porti a livelli manageriali, mentre l'incidenza maschile con lo stesso obiettivo è più alta (61%). Le donne poi si dicono meno fiduciose nelle nuove opportunità di lavoro ed hanno più paura di perdere l'impiego (13% contro il 9% degli uomini). Ma per questo si mostrano anche più attive nella ricerca di un'altra occupazione (12%, contro il 9% degli uomini). Insomma la fotografia restituisce ancora una volta delle difficoltà oggettive ma anche una propensione all'auto-esclusione e a "fare un passo indietro" così tipica di noi donne (io in primis ogni tanto mi rendo conto di quanto sia radicato questo freno) che non sempre è compensato dalla nostra innata capacità di rimetterci in gioco e reinventarci. Questa la ricerca: Scarica Randstad_Workmonitor_1Q_2013 (1)